+1
Share

05 – I documenti del Magistero

I DOCUMENTI DEL MAGISTERO

F. Verri

F. Verri

Il pensiero teologico su san Giuseppe ha trovato un forte impulso soprattutto nella voce autorevole dei Sommi Pontefici, i quali hanno messo a fuoco con la luce del Magistero i punti essenziali della teologia giuseppina. Si confronti in proposito la preziosa raccolta di B. BURKEY, Pontificia Josephina.  Documents of the Holy See concerning St. Joseph and his Cultus (da Pio IX in poi), pubblicata in Cahiers de Joséphologie a partire dal 1962 (vol. X, n. 2).

 

 

 

In lingua italiana sono state pubblicate le seguenti raccolte: ASSOCIAZIONE BIBLICA ITALIANA, Documenti Pontifici su San Giuseppe, Editrice Trevigiana, Treviso 1963; CENTRO DI SPIRITUALITA’ GIUSEPPINA, San Giuseppe nel pensiero di Giovanni Paolo II, Editrice Rotas, Barletta 2006; G. CITARA, San Giuseppe negli insegnamenti di Paolo VI, Editrice Shalom, Camerata Picena 2008;  MOVIMENTO GIUSEPPINO, San Giuseppe negli insegnamenti di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, Editrice Shalom, Camerata Picena 2011. Sull’Esortazione apostolica “Redemptoris  Custos”  di Giovanni Paolo II, cf. T. STRAMARE, San Giuseppe, il Custode del Redentore, Ed. Piemme, Casale Monferrato (Al) 1990; ID., San Giuseppe. “Il Custode del Redentore” e l’identità della Chiesa, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2005.

 

 

Ecco i documenti pontifici secondo l’ordine cronologico:

 

 

Beato PIO IX:

-con il decreto della S. Congregazione dei Riti Inclytus Patriarcha Joseph (10 settembre 1847) estende alla Chiesa universale la festa del Patrocinio di san Giuseppe, esponendo per la prima volta, sebbene in sintesi, i princìpi della teologia di san Giuseppe;

– nell’allocuzione Maxima quidem (9 giugno 1862) invoca san Giuseppe prima dei SS. Pietro e Paolo, mai accaduto nel passato: “petamus quoque suffragia tum sancti eiusdem Virginis Sponsi Iosephi, tum sanctorum Apostolorum Petri et Pauli…”;

Domenico Tojetti, Pio IX salvato miracolosamente da san Giuseppe nel crollo di un pavimento (1860), affresco, Basilica di sant'Agnese in Nomentana, Roma

Domenico Tojetti, Pio IX protetto da san Giuseppe nel crollo di un pavimento (1860), affresco, Basilica di sant’Agnese in Nomentana, Roma

– con il decreto della S. Congregazione dei Riti Quemadmodum Deus (8 dicembre 1870) proclama san Giuseppe Patrono della Chiesa universale; Giuseppe di Egitto è indicato come tipo di Giuseppe di Nazaret;  san Giuseppe è secondo solo a Maria nel potere di intercessione;

— con il decreto Inclytum Patriarcham (7 luglio 1871) viene riconosciuto a san Giuseppe il diritto a un culto superiore a quello degli altri Santi; si ritiene che a san Giuseppe furono concesse da Dio grazie speciali per il suo stato.

.

Tra le opere che testimoniano la devozione di Pio IX verso san Giuseppe segnaliamo:

F. Podesti, 1858, Sala dell'Immacolata

F. Podesti, 1858, Sala dell’Immacolata

– il grandioso affresco di F. Podesti, nella Sala dell’Immacolata in Vaticano, il quale, mentre ricorda la definizione e la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, rappresenta anche San Giuseppe significativamente inserito, per volontà del Pontefice, tra san Pietro e Gesù;

– il gruppo monumentale che in Piazza di Spagna sostiene la colonna dell’Immacolata, fatta erigere due anni dopo la proclamazione del dogma, dove un bassorilievo rappresenta il “Sogno di san Giuseppe”;

– il prezioso arazzo, fatto disegnare da F.Grandi nel 1871 ed eseguito da P. Gentili, dove il patrocinio di san   Giuseppe è simboleggiato da due angeli che presentano  al Santo il decreto pontificio e la Chiesa;

– una medaglia, fatta coniare nel 1876, nella quale è rappresentato san Giuseppe tra la Chiesa e la santa Famiglia, con l’iscrizione: «Iosephus Mariae V. Sponsus Ecclesiae Cath. Patronus datus 1871».

PIO IX E SAN GIUSEPPE

LEONE XIII:

patrocinio

– nella prima allocuzione al collegio dei Cardinali (28 marzo 1878) pone il suo pontificato sotto «la potentissima protezione di san Giuseppe, celeste Patrono della Chiesa»; lo ripete nella prima enciclica (21 aprile 1878);

– nell’enc. Aeterni Patris (4 agosto 1879) termina chiedendo di pregare «purissimum Virginis sponsum B. Josephum»;

– nell’enc. Sancta Dei civitas (3 dicembre 1880), dopo Maria raccomanda «purissimum eius Sponsum, quem plures missiones iam sibi praestitem custodemque adsciverant et nuper Apostolica Sedes universae Ecclesiae Patronum dedit»;

– nella lettera ap. Militans Iesu Christi Ecclesia (12 marzo 1881) affida a san Giuseppe il Giubileo straordinario da iniziarsi il giorno della sua festa;

– nell’enc. Diuturnum (29 giugno 1881) ricorda «S. Iosephum castissimum sponsum eius, cuius patrocinio plurimum universa Ecclesia confidit»;

– nell’enc. Etsi nos (15 febbraio 1882) invoca Maria «una cum sanctissimo Sponso eius Iosepho, custode et patrono gentium christianarum»;

– nell’enc. Humanum genus (20 aprile 1884) ricorda: «item Iosephum Virginis sanctissimae Sponsum, Ecclesiae catholicae patronum caelestem salutarem»;

-nell’enc. Quamquam pluries  (15 agosto 1889) espone tutta la dottrina su san Giuseppe, dai fondamenti della sua dignità fino alla ragione singolare per cui merita di essere proclamato patrono di tutta la Chiesa, modello e avvocato di tutte le famiglie cristiane;

— nella lettera ap. Quod paucis abhinc (28 gennaio 1890) concede alla Spagna e ai suoi domini di celebrare la festa di san Giuseppe come giorno di precetto, poiché «hunc sane honorem beatissimo Viro deberi nemo est qui non videat»;

— nella lettera ap. Quod erat (3 marzo 1891) afferma che, per conservare il patrimonio della fede e per vivere cristianamente, «nulla è più efficace che meritarsi il patrocinio di san Giuseppe e così ottenere ai devoti del suo castissimo sposo il favore di Maria, Madre di Dio»;

– nella lettera ap. Neminem fugit (14 giugno 1892), con la quale istituisce canonicamente la Pia Associazione Universale delle Famiglie consacrate alla Sacra Famiglia di Nazaret, afferma la partecipazione intima di Giuseppe alla suprema dignità della santa Famiglia.

Leone XIII, un grande Papa Giuseppino

San PIO X:

San Pio X

 

-nell’enc. E supremi apostolatus (4 ottobre 1903) conclude «monentes insuper ut deprecatores etiam adhibeantur castissimus Dei Matris Sponsus catholicae Ecclesiae patronus».

.
.

BENEDETTO XV:

– nel Motu Proprio Bonum sane (25 luglio 1920), scritto in occasione del 50° anniversario della proclamazione di san Giuseppe a Patrono della Chiesa universale, ricorda la necessità e l’efficacia della devozione a san Giuseppe come rimedio ai problemi del dopoguerra e ne propone le virtù in modo speciale ai poveri e ai lavoratori;

Benedetto XV

– raccomanda, inoltre, le associazioni istituite per supplicare san Giuseppe in favore dei moribondi, poiché «egli è ritenuto meritatamente il loro più efficace protettore, essendo spirato con l’assistenza di Gesù e Maria»;

– nell’enc. Spiritus Paraclitus (15 settembre 1920), trattando del linguaggio usato nella S. Scrittura osserva che, «quando uno scrittore chiama san Giuseppe padre di Gesù, indica chiaramente in tutto il corso della sua narrazione come intenda questo nome di padre».

.

PIO XI:

– nell’allocuzione del 21 aprile 1926 insegna come il titolo di Patrono della Chiesa appartenesse a san Giuseppe già dal tempo in cui era capo della santa Famiglia;

– nell’allocuzione del 19 marzo 1928 sostiene la superiorità di san Giuseppe su san Giovanni Battista e san Pietro;

Pio XI

– nell’allocuzione del 23 maggio 1929 propone Maria e Giuseppe come il primo divino esempio dell’educazione cristiana;

– nell’allocuzione del 19 marzo 1935 mostra la connessione di san Giuseppe con l’unione ipostatica, da cui deriva la sua potenza d’intercessore;

– nell’enc. Ad sacerdotii catholici (20 dicembre 1935) afferma «Divinus Magister… inde a teneris unguiculis in Nazarethana domo cum Maria et losepho, virginibus utrisque, educari voluit»;

– nell’enc. Divini Redemptoris (19 marzo 1937) propone san Giuseppe come modello e patrono degli operai di fronte al comunismo;

– nell’allocuzione del 19 marzo 1938 riconosce all’intercessione di san Giuseppe il titolo di «onnipotente».

PIO XII:

– nell’allocuzione Si nobis suave  (1 maggio 1939) ricorda san Giuseppe: “auspice et praelucente Sancto Joseph, Beatae Virginis Sponso et Ecclesiae Patrono, cuius sollemnitatem hanc per hebdomadam celebramus…”;

– nell’allocuzione del 10 maggio 1939 dice che Maria “ha provato tutte le ineffabili gioie della convivenza domestica, allietata dall’amore più puro di uno sposo castissimo e dal sorriso e la tenerezza di un Figlio che era al tempo stesso Figlio di Dio”;

– nell’allocuzione del 10 aprile 1940 descrive san Giuseppe nella sua funzione di capo di famiglia;

Pio XII

– nell’enc. Mediator Dei (20 novembre 1947), tra le iniziative e le pratiche pie, non strettamente connesse con la sacra Liturgia, che hanno contribuito alla evoluzione e ai mutamenti dei riti, indica il culto più esteso e più fervido della Vergine Madre di Dio e «del suo purissimo Sposo»;

– nella Costituzione Exul Familia (1 agosto 1952) considera nel decreto dell’incarnazione il Figlio “una cum Virgine Immaculata Matre pioque Custode”.

– nell’enc. Sacra Virginitas  (25 marzo 1954), a proposito del celibato sacerdotale cita san Pier Damiani, secondo il quale «il nostro Redentore amò tanto l’integrità del pudore, che non solo nacque da un utero verginale, ma volle essere trattato  da un nutrizio vergine»;

P. Annigoni, 1960, Basilica di S. Lorenzo, Firenze

– nel discorso del 1° maggio 1955, in occasione del X anniversario delle ACLI, ripropone san Giuseppe come patrono e modello degli operai (11 marzo 1945) e istituisce la festa liturgica di san Giuseppe operaio;

 – nell’enc. Haurietis aquas (15 maggio 1956) descrive i rapporti familiari di Gesù con Giuseppe: «Palpitava altresì di amore il Cuore del Salvatore, sempre in perfetta armonia con gli affetti della sua volontà umana e con il suo amore divino, quando egli intesseva celestiali colloqui con la sua dolcissima madre, nella casetta di Nazaret, e col suo padre putativo Giuseppe, cui obbediva prestandosi come fedele collaboratore nel faticoso mestiere del falegname»;

– in una preghiera per le vocazioni sacerdotali (30 ottobre 1957) invoca san Giuseppe come «esempio perfetto di corrispondenza alle chiamate divine»;

– nel radiomessaggio del 19 febbraio 1958 agli alunni delle scuole cattoliche americane inculca la devozione a san Giuseppe, del quale descrive l’ufficio, la santità e la personalità.

San GIOVANNI XXIII:

– nella lettera ap. Le voci del 19 marzo 1961 riassume gli atti dei precedenti Pontefici in onore di san Giuseppe e lo nomina protettore del Concilio ecumenico Vaticano II;

– nell’esortazione ap. Sacrae laudis (6 gennaio 1962), considerando

A.Funi, 1963, Basilica di S. Pietro

A.Funi, 1963, Basilica di S. Pietro

come nel periodo natalizio si presenta molto spesso alla mente «san Giuseppe insieme alla sua augustissima Sposa», osserva: «Chi, infatti, più convenientemente del sacerdote può familiarizzare con san Giuseppe, cui datum est Deum… non solum videre et audire, sed portare, deosculari, vestire et custodire» (Missale Romanum, Praeparatio ad Missam);

– nel solenne discorso di apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962), subito dopo aver invocato l’intercessione di Maria, prosegue: “insieme col tuo Sposo San Giuseppe”;

– con il decreto della Sacra Congregazione dei Riti De S.Joseph nomine Canoni Missae inserendo (13 novembre 1962) ordina che «infra Actionem post verba: “Communicantes… Domini nostri Jesu Christi”, haec addantur: “sed et beati Joseph eiusdem Virginis sponsi“». 

.

 

Beato PAOLO VI :

— nella cost. Lumen Gentium (21 novembre 1964) accoglie l’inserimento di san Giuseppe nel Canone: «Quando celebriamo il sacrificio eucaristico ci uniamo in sommo grado al culto della Chiesa celeste comunicando con essa e venerando la memoria soprattutto della gloriosa sempre vergine Maria, ma anche del beato Giuseppe e dei beati Apostoli e di  tutti i Santi» (n. 50);

— il rapporto tra san Giuseppe e il mondo del lavoro viene ancora trattato il 19 marzo e il 1° maggio 1965;

— nell’omelia del 19 marzo 1966, in coincidenza con il conferimento della pienezza del sacerdozio a quattro nuovi vescovi, esalta la grandezza di san Giuseppe per la sua totale dedizione al servizio di Cristo con amore e per amore;

— il 22 maggio 1966, per commemorare il 75° anniversario della Rerum Novarum, invia ai direttori del Movimento Mondiale dei Lavoratori Cristiani una medaglia rappresentante Gesù e Giuseppe al lavoro, con la scritta: «Cum esset Filius Dei  putari fabri fìlius voluit»;

– nell’esortazione apostolica Signum magnum (13 maggio 1967), trattando della verginità perpetua di Maria (“Quae et in partu et post partum virgo permansit”), presenta la vita santa di Maria come “vita castissimae sancti Joseph Sponsae”. Si tratta del primo documento mariano postconciliare nel quale si fa esplicito riferimento allo sposo si Maria;

— nell’omelia del 19 marzo 1968, san Giuseppe è indicato come introduttore al Vangelo

Incoronazione, 1963, Avila

delle beatitudini e come esempio di docilità e prontezza di obbedienza nell’accettare ed eseguire la volontà di Dio;

— nell’omelia del 19 marzo 1969, l’esistenza di san Giuseppe viene ulteriormente presentata come un olocausto alle esigenze della venuta del Messia e come tipo del Vangelo annunciato da Gesù quale programma per la redenzione dell’umanità;

— all’Angelus del 19 marzo 1971 mette in evidenza la missione provvidenziale di san Giuseppe nella storia della salvezza;

— nell’esortazione ap. Marialis cultus (2 febbraio 1974) scrive che la Chiesa «nella festa della santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe riguarda con profonda riverenza la santa vita che condussero nella casa di Nazaret Gesù, Figlio di Dio e figlio dell’uomo, Maria, sua madre, e Giuseppe, uomo giusto» (n. 5);

— nell’omelia del 19 marzo 1975 svolge il significato della presenza di san Giuseppe nella famiglia di Nazaret e nella famiglia cristiana.

.

San GIOVANNI PAOLO II:

– nell’enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979) inserisce san Giuseppe nel cuore della Redenzione: «La croce del Calvario, per mezzo della quale Gesù Cristo fatto uomo — figlio di Maria Vergine, figlio putativo di Giuseppe di Nazaret — lascia questo mondo, è al stempo tesso una nuova manifestazione dell’eterna paternità di Dio» (n. 9);

– nell”allocuzione del 19 marzo 1980 mette in rilievo che «Dio affida a Giuseppe il mistero, il cui compimento avevano aspettato da tante generazioni la stirpe di Davide e tutta la casa di Israele, ed al tempo stesso affida a lui tutto ciò da cui dipende il compimento di tale mistero nella storia del popolo di Dio»; afferma, inoltre, che «la Chiesa è sempre stata consapevole, e oggi lo è in modo particolare, di quanto fondamentale sia stata la vocazione di quell’Uomo: dello Sposo di Maria, di colui che, dinanzi agli uomini, passava per il Padre di Gesù e che fu, secondo lo spirito, una incarnazione perfetta della paternità nella famiglia umana ed insieme sacra»; propone san Giuseppe come modello a «tutti i pastori e ministri della Chiesa, perché servano il popolo di Dio con dedizione attiva e generosa, come san Giuseppe servì degnamente il Signore Gesù e la Vergine Madre»;

– nell’enc. Laborem exercens (14 settembre 1981) colloca Giuseppe accanto a Gesù: «Questo era pure il “Vangelo del lavoro”, perché colui che lo proclamava era egli stesso uomo del lavoro artigiano come Giuseppe di Nazaret» (n. 26);

– nell’esortazione ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), affida ogni famiglia a Gesù, Maria e a Giuseppe; alle loro mani e al loro cuore presenta l’esortazione stessa, perché siano essi a porgerla ai fedeli e ad aprire i loro cuori alla luce del Vangelo; invoca, infine, la protezione di san Giuseppe sulle famiglie: «Che san Giuseppe, “uomo giusto”, lavoratore instancabile, custode integerrimo dei pegni a lui affidati, le custodisca, le protegga, le illumini sempre» (n. 86);

– nella lettera ap. Parati semper (31 marzo 1985) diretta ai giovani, ricordando la giovinezza di Gesù, nota che le parole del Vangelo in proposito sono brevi, «anche se coprono il periodo di trent’anni da lui trascorsi nella casa di famiglia, a fianco di Maria e di Giuseppe, il carpentiere» (n. 14);

– nell’enc. Dominum et vivifìcantem (18 maggio 1986) presenta san Giuseppe sia nell’episodio dell’inizio dell’attività messianica di Gesù a Nazaret, «nella quale aveva trascorso trent’anni nella casa di Giuseppe, il carpentiere, accanto a Maria, sua Madre Vergine» (n. 18) e sia nel racconto dell’annunciazione a Giuseppe (n. 49);

– nell’enc. Redemptoris Mater (25 marzo 1987) san Giuseppe è presente in tutti gli episodi dell’infanzia di Gesù, ossia la nascita, la presentazione al tempio, la fuga in Egitto («sotto la premurosa protezione di Giuseppe»), il ritrovamento nel tempio e la vita a Nazaret, dove Gesù «era sottomesso a Giuseppe, perché questi faceva le veci del padre davanti agli uomini»;

– nell’enc. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), Maria, «sposa di Giuseppe», ne coinvolge «la verginità per il Regno» (n. 20);

– nell’esortazione ap. Christifideles laici (30 dicembre 1988), datata alla festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, Gesù è designato come «il Figlio del falegname» (n. 14);

 — nell’esortazione ap. Redemptoris custos (15 agosto 1989), un’ampia riflessione «sulla figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa», pubblicata in occasione del Centenario dell’enc. Quamquam pluries di Leone XIII, colloca chiaramente Giuseppe nel cuore del mistero della Redenzione, sulla stessa linea delle grandi encicliche Redemptor hominis e Redemptoris Mater. Gli episodi evangelici dell’infanzia di Gesù sono considerati nella loro vera luce di «misteri della vita di Cristo», dei quali Giuseppe è ministro. «Mediante l’esercizio della sua paternità, Giuseppe coopera nella pienezza del tempo al grande mistero della Redenzione ed è veramente ministro della salvezza» (n. 8). Il suo esemplare servizio al Redentore è proposto all’intero popolo cristiano perché tenga «sempre dinanzi agli occhi il suo umile, maturo modo di servire e di “partecipare” all’economia della salvezza» (n. 1);

— nel discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale di studi per il XVI Centenario del Concilio di Capua (24 maggio 1992) afferma: «Maria visse, dopo la nascita di Gesù, in totale e perpetua verginità; e, insieme con san Giuseppe, anch’egli chiamato a svolgere un ruolo primario negli eventi iniziali della nostra salvezza, si dedicò al servizio della persona e dell’opera del Figlio» (n. 6);

L. Scorzelli, Porta della Preghiera, 1972, Basilica Vaticana

– nella Lettera alle famiglie(2 febbraio 1994) scrive che Giuseppe rivive con Maria, alle soglie della Nuova Alleanza, «l’esperienza del “bell’amore” descritto nel Cantico dei Cantici»; «è grazie anche a Giuseppe che il mistero dell’incarnazione e, insieme ad esso, il mistero della santa Famiglia, viene inscritto profondamente nell’amore sponsale dell’uomo e della donna e indirettamente nella genealogia di ogni famiglia umana» (n. 20). La medaglia ufficiale annuale del XVI anno di Pontificato raffigura sul rovescio la santa Famiglia di Nazaret con la scritta: ANNUS FAMILIAE (in alto) e: MCMXCIV (in basso);

– nell’esortazione ap. Vita consecrata (25 marzo 1996) asserisce che «vicina a Cristo, insieme con Giuseppe, nella vita nascosta di Nazaret… la Vergine è maestra di sequela incondizionata e di assiduo servizio» (n. 28).

-nella Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte (6 gennaio 2001) ricorda la “nascita verginale di Gesù da Maria, sposa di Giuseppe” (n.18), Gesù “figlio del carpentiere (Mt 13,55)” (n.18), “l’angoscia con cui Maria e Giuseppe hanno cercato Gesù” (n.24).

L’Esortazione Apostolica Redemptoris Custos di Giovanni Paolo II

.

BENEDETTO XVI:

-conclude la Lettera ai Vescovi, ai Presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese (27 maggio 2007) invocando l’intercessione di san Giuseppe insieme a quella di Maria: “Maria Santissima, madre della Chiesa e Regina della Cina… vi accompagni con materna premura e interceda per tutti voi insieme a san Giuseppe e ai numerosi santi Martiri cinesi”.

.

In omaggio a Benedetto XVI,  che porta il nome di Giuseppe, Joseph Ratzinger, nel 2010 è stata costruita e solennemente inaugurata nei giardini vaticani una fontana monumentale, ben visibile accanto al Governatorato.

.

PAPA FRANCESCO:

Papa Francesco

Nell’omelia della Messa di inizio del ministero petrino, il Sommo Pontefice “ringrazia il Signore di poter celebrare questa Santa Messa… nella solennità di san Giuseppe, sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale: è una coincidenza molto ricca di significato”.

Il significato è indicato nella “custodia”, una missione che coinvolge tutti.

“La missione che Dio affida a Giuseppe è quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa, come ha sottolineato il beato Giovanni Paolo II (Redemptoris Custos, n.1)”.

“Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l’amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù”.

“Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio. (…) Giuseppe è ‘custode’, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui, cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! (…)

“Il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!”.

“Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato!”.

***

stemma-papa-francesco

La devozione del Papa Francesco verso san Giuseppe  era già espressa chiaramente nel suo stemma episcopale, conservato nello stemma pontificio. In esso sono rappresentati i tre simboli della Santa Famiglia: Gesù, nel monogramma del suo Nome; Maria, nella stella; Giuseppe nel fiore di “nardo”, come è stato precisato per evitare la facile interpretazione del grappolo di uva.

.

FIORI DI NARDO

FIORI DI NARDO

.

.

.

.

.

Fiori di Nardo

Fiori di Nardo

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

– un decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (I maggio 2013) dispone che “come già avviene nel Canone Romano, anche nelle Preghiere eucaristiche II, III e IV della terza edizione tipica del Messale Romano, dopo la Beata Vergine Maria, si faccia menzione del nome di San Giuseppe, Suo Sposo”.

– il 5 luglio 2013, in occasione della benedizione della statua di san Michele collocata davanti al Palazzo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, Papa Francesco – presente anche Benedetto XVI – consacra il Governatorato a san Giuseppe oltreché all’Arcangelo. “La consacrazione del Governatorato a san Giuseppe – afferma il Card. Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato – diventa per tutti noi un ulteriore impegno per l’adempimento del nostro lavoro a sostegno delle molteplici attività della Sede Apostolica. L’esempio umile e silenzioso dello sposo di Maria ci guidi nelle nostre quotidiane occupazioni, benedica le nostre famiglie e ci sproni ad essere sempre testimoni del Signore Risorto”. Nell’atto di consacrazione a san Giuseppe, Papa francesco pone sotto la protezione dello sposo di Maria i vescovi e i sacerdoti, le persone consacrate e i fedeli laici, che lavorano e vivono in Vaticano.

San Giuseppe dormente, Casa S. Marta, Vaticano

San Giuseppe dormente, Casa S. Marta, Vaticano.

– l’Esortazione apostolica AMORIS LAETITIA (2016) sull’amore nella famiglia è significativamente datata al 19 marzo, solennità di san Giuseppe, con riferimento esplicito alla Famiglia di Nazaret.

 

 

 

 

 

 

********************

Abbiamo voluto sottolineare la presenza di san Giuseppe nelle encicliche non tanto per l’apporto dottrinale — a volte si tratta di una semplice menzione — quanto piuttosto per il significato che tale presenza assume in esse in riferimento al mistero di Cristo e della Chiesa.

.

Aggiungiamo che nella Prefazione del nuovo Codice di Diritto Canonico, promulgato da Giovanni Paolo II, il 25 gennaio 1983, la retta osservanza delle norme è affidata, dopo l’impetrazione della Beatissima Vergine Maria, Madre della Chiesa, «al suo Sposo san Giuseppe, Patrono della Chiesa».

.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, promulgato dallo stesso Giovanni Paolo II,  l’11 ottobre 1992, dedica la giusta attenzione ai «Misteri dell’infanzia e della vita nascosta di Gesù», dei quali san Giuseppe è stato «ministro» (nn. 522-534) e invita «ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte» (n. 1014).

L. Seitz, Cappella del Coro o Tedesca, 1892-1902, Loreto

L. Seitz, Cappella del Coro o Tedesca, 1892-1902, Loreto

5 Risposte

  1. su 16 marzo 2013 a 12:37 | RispondiPaolo Antoci

    Confidando in Giuseppe

    Papa Benedetto XVI, sulla falsariga del secondo capitolo della Lettera agli Ebrei, nella lettera apostolica “Porta Fidei” ci invitava a ripercorrere la storia della fede tenendo in considerazione la fede degli Apostoli, dei discepoli, dei martiri, dei confessori e religiosi, dei santi il cui nome è scritto nel Libro della vita e dei cristiani di oggi. Ma il tutto è preceduto dalla fede di Maria santissima e del suo casto Sposo. “Confidando in Giuseppe suo sposo”, è questo il riferimento al Padre di Gesù. Brevissimo, quasi en passant; però l’averlo ricordato, citandolo esplicitamente rispetto agli altri santi, fa comprendere quanto grande è la dignità del Santo Carpentiere e sublime la sua missione. “D’altra parte, è dal matrimonio con Maria che sono derivati a Giuseppe la sua singolare dignità e i suoi diritti su Gesù… perché tra la beatissima Vergine e Giuseppe fu stretto un nodo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, egli si avvicinò quanto mai nessun altro… ne deriva che, se Dio ha dato come sposo Giuseppe alla Vergine, glielo ha dato non solo a compagno della vita… ma anche perché partecipasse, per mezzo del patto coniugale, all’eccelsa grandezza di lei” (cf. RC 20).
    “La fede di Maria – affermava Giovanni Paolo II nella Rdemptoris Custos – si incontra con la fede di Giuseppe. Se Elisabetta disse della Madre del Redentore: «Beata colei che ha creduto», si può in un certo senso riferire questa beatitudine anche a Giuseppe, perché rispose affermativamente alla Parola di Dio, quando gli fu trasmessa in quel momento decisivo. Per la verità, Giuseppe non rispose all’annuncio dell’angelo come Maria, ma fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa. Ciò che egli fece è purissima «obbedienza della fede». Si può dire che quello che Giuseppe fece lo unì in modo del tutto speciale alla fede di Maria: egli accettò come verità proveniente da Dio ciò che ella aveva già accettato nell’Annunciazione. Il Concilio insegna: «A Dio che rivela è dovuta “l’obbedienza della fede”, per la quale l’uomo si abbandona totalmente e liberamente a Dio, prestandogli il “pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” e assentendo volontariamente alla rivelazione da lui fatta». La frase sopracitata, che tocca l’essenza stessa della fede, si applica perfettamente a Giuseppe di Nazaret” (cf. RC 4). “Si può anche dire che Giuseppe è il primo a partecipare alla fede della Madre di Dio, e che, così facendo, sostiene la sua sposa nella fede della divina Annunciazione. Egli è anche colui che è posto per primo da Dio sulla via della «peregrinazione della fede», sulla quale Maria … andrà innanzi in modo perfetto” (cf. RC 5)
    In tal senso non mancano i pronunciamenti di Benedetto XVI nei suoi otto anni di pontificato: “Se lo scoraggiamento vi invade, pensate alla fede di Giuseppe; se l’inquietudine vi prende, pensate alla speranza di Giuseppe, discendente di Abramo che sperava contro ogni speranza; se vi prende l’avversione o l’odio, pensate all’amore di Giuseppe, che fu il primo uomo a scoprire il volto umano di Dio nella persona del bambino concepito dallo Spirito santo nel seno della Vergine Maria” (cf. Omelia a Yaoundé, 2009). Tra le virtù del nostro Santo rifulge dunque la fede, che si tradusse in adesione piena e coraggiosa al progetto salvifico di Dio. Ecco, dunque, il significato reale di quel “confidando in Giuseppe” e, sull’esempio di Maria, continuiamo anche noi a confidare in lui, eletto a Patrono della Chiesa universale.

    Paolo Antoci
    Ragusa

  2. Ricordiamo anche
    – per Giovanni XXIII, il dono dell’anello papale a Kalisz
    – per Benedetto XVI, i vari accenni al proprio onomastico, la fontana di san Giuseppe nei giardini vaticani, il libro sull’Infanzia di Gesù in cui è in rilievo il nostro santo
    – per Francesco, lo stemma pontificio con il fiore di nardo a rappresentare san Giuseppe

  3. su 7 maggio 2013 a 13:28 | RispondiPaolo Antoci

    Il profumo di san Giuseppe nell’elezione di papa Francesco.

    E’ esplicita, quasi insistente, la presenza silenziosa del Santo Carpentiere di Nazaret nel pontificato di papa Francesco. Ricordiamo bene quella sera del 13 marzo, era un mercoledì; molti forse non ne sono a conoscenza, ma nella pietà popolare è consuetudine dedicare il mercoledì e il mese di marzo al culto di san Giuseppe ed è stata una bella coincidenza che proprio in tali giorno e mese “consacrati” al Patrono della Chiesa abbiamo avuto un nuovo Vicario di Cristo sulla terra.
    Papa Francesco ha esternato subito la sua devozione mariana non trascurando, però, il suo affetto per lo Sposo di Maria; lo rende pubblico, infatti, in maniera visibile e a perpetuo ricordo con il suo stemma pontificio dove vi è stato inserito un fiore di nardo che indica proprio san Giuseppe, Patrono della Chiesa universale. Nella tradizione iconografica ispanica, infatti, il Padre di Gesù è raffigurato con un ramo di nardo in mano.
    Il ricordo del Santo di Nazaret è stato più evidente con la santa messa per l’inizio del ministero petrino del vescovo di Roma celebrata il 19 marzo, solennità liturgica di san Giuseppe. “E’ una coincidenza molto ricca di significato – afferma papa Francesco nell’omelia – celebrare questa santa messa nella solennità del Patrono della chiesa”. Il Santo Padre si è soffermato su un’importante caratteristica della missione di san Giuseppe: quella di essere ‘custos’, custode. Vocazione, questa, che riguarda particolarmente il Capo della Santa Famiglia, ma anche i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà. Ogni uomo possa custodire guardando l’insigne esempio del Redemptoris Custos: “il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!” (Omelia 19 marzo 2013). Una custodia che si traduce soprattutto in servizio: “solo chi serve con amore sa custodire!”. E san Giuseppe è quel servo fedele e saggio a cui il Signore gli ha affidato la sua famiglia, Dio lo fece signore nella sua casa affidandogli i beni più cari: Gesù e Maria, ma anche l’Incarnazione e la Redenzione.
    Fin qui gli eventi del 13 e del 19 marzo sembrerebbero semplici coincidenze di circostanza. In realtà il legame tra il Santo silente e papa Francesco inizia molto tempo prima.
    La vocazione religiosa del 17enne Jorge Bergoglio è nata nel 1953 quando entrò nella Basilica di San Josè de Flores a Buenos Aires in Argentina, come “chiamato” da una forza interiore e lì – proprio in una chiesa dedicata al santo Carpentiere – il nostro papa ebbe la certezza che doveva farsi sacerdote. E in questa Basilica vi ritornava sempre, almeno ogni 19 del mese, giorno commemorativo dedicato al Santo di Nazaret.
    Da ricordare, infine, l’appartenenza dell’attuale pontefice all’Ordine dei Gesuiti la cui devozione al Padre terreno di Gesù risale alle origini della Compagnia e al suo Fondatore. Fu, tuttavia, nel 1907 a dedicare la consacrazione ufficiale dell’Ordine al Patrono della Chiesa: “noi tutti quanti siamo sulla terra membri della Compagnia di Gesù – recita la formula di affidamento – eleggiamo e dedichiamo con rito solenne particolare Patrono di tutta la Compagnia”. Stando dunque a queste premesse e coincidenze ‘giuseppine’, era chiaro allora come il Papa abbia posto nel suo scudo il fiore di nardo per esprimere la propria particolare devozione verso lo Sposo di Maria.
    Dal momento dell’elezione a pontefice, l’attenzione di molti è stata rivolta giustamente alla figura di san Francesco, il poverello d’Assisi, il santo ispiratore per il nome del papa, ma è anche doveroso ricordare la figura e la missione di san Giuseppe, Custode della Chiesa, che “come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine santa è figura e modello” (RC 1). “La presenza di san Giuseppe nel giardino della Chiesa – affermava Giovanni XXIII – è paragonabile a quella dell’umile fiore dei campi: non lo si vede nemmeno, ma se ne avverte la presenza dal profumo. Del prodigio dell’Incarnazione venne eletto custode un umile lavoratore, tanto più virtuoso nella sua semplicità, quanto più alto il suo compito eccezionale”. “Tutti i santi canonizzati meritano certamente un onore e un rispetto particolari, ma è evidente che san Giuseppe ha, giustamente, un posto suo proprio più soave, più intimo, più penetrante nel nostro cuore”.San Giuseppe “con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale”, con il suo ‘savoir faire’, ha saputo e voluto donarci, come Custode, un Vicario di Cristo alla Chiesa cattolica di cui egli è patrono principale. Era un mercoledì di marzo!

    Paolo Antoci
    Ragusa

  4. su 7 maggio 2013 a 13:31 | RispondiPaolo Antoci

    San Giuseppe, dal Concilio all’Anno della fede

    Con l’Annus fidei ci viene data l’occasione per rinnovare la nostra fede e “rivivere” il Concilio Ecumenico Vaticano II, facendone memoria e verifica.
    Riguardo alla virtù teologale della fede, viene in mente una figura emblematica non sempre attenzionata adeguatamente: san Giuseppe, Padre di Gesù e Sposo di Maria. “Quello che egli fece – scrive Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica Redemptoris Custos – lo unì in modo del tutto speciale alla fede di Maria: egli accettò come verità proveniente da Dio ciò che ella aveva già accettato nell’Annunciazione. Il Concilio insegna: «A Dio che rivela è dovuta l’obbedienza della fede, per la quale l’uomo si abbandona totalmente e liberamente a Dio, prestandogli il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà e assentendo volontariamente alla rivelazione da lui fatta». La frase sopracitata, che tocca l’essenza stessa della fede, si applica perfettamente a Giuseppe di Nazaret” (RC 4). Anche noi, come il santo Carpentiere, dovremmo assumere l’atteggiamento del religioso ascolto della Parola di Dio, dell’assoluta disponibilità a servire fedelmente la volontà salvifica di Dio. “Già all’inizio della Redenzione umana troviamo incarnato il modello dell’obbedienza, dopo Maria, proprio in Giuseppe, colui che si distingue per la fedele esecuzione dei comandi di Dio” (RC 30).
    Ma la grandezza del nostro Santo non si ferma nelle sole virtù di “uomo giusto” (Mt 1,19); egli è anche l’uomo che nei piani divini si è trovato straordinariamente vicino al primo punto di contatto dell’elemento divino con l’umano, che è l’Incarnazione, fondamento della nostra Redenzione. “La salvezza, che passa attraverso l’umanità di Gesù, si realizza nei gesti che rientrano nella quotidianità della vita familiare… Le promesse e le figure dell’antico testamento divengono realtà: luoghi, persone, avvenimenti e riti si intrecciano secondo precisi ordini divini, trasmessi mediante il ministero angelico e recepiti da creature particolarmente sensibili alla voce di Dio… Giuseppe è colui che Dio ha scelto per essere l’ordinatore della nascita del Signore, colui che ha l’incarico di provvedere all’inserimento ordinato del Figlio di Dio nel mondo, nel rispetto delle disposizioni divine e delle leggi umane” (RC 8). L’Incarnazione e la redenzione fanno parte di un’unità organica e indissolubile, per tale motivo il nome di san Giuseppe, dal e col Concilio Vaticano II, è stato inserito nel Canone della Messa, memoriale perpetuo della redenzione. “Nel sacrifico eucaristico la Chiesa venera la memoria… del beato Giuseppe, perché «nutrì colui che i fedeli dovevano mangiare come pane di vita eterna»” (RC 16). Parte della la vita di Gesù è stata affidata alla custodia dello Sposo di Maria: anche se non genitore naturale, Giuseppe è stato veramente padre per la carità e l’autorità con cui ha custodito ed educato il Messia, quale strumento e rappresentante di Dio Padre. Paternità che continua tutt’oggi su ognuno di noi perché scelto, eletto e invocato Patrono della Chiesa Universale e del Concilio Vaticano II. Tale “custodia sulla Chiesa”, come per Maria, è conseguenza della sua missione nella vita di Cristo; per noi cristiani inoltre è una “dovuta” riconoscenza: “Se tutta la Chiesa – afferma S. Bernardino da Siena nei suoi Discorsi – è debitrice alla Vergine Madre, perché fu stimata degna di ricevere Cristo per mezzo di lei, così in verità dopo di lei deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza”.
    Da Giuseppe impariamo a progredire nella fede, a Giuseppe affidiamo i frutti del Concilio e l’intera vita della Chiesa!
    Paolo Antoci
    Ragusa

+1

Related Posts

Comments are closed.