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14 – LA TEOLOGIA DEL MISTERO

“La via del “mistero”

Melchior Perez Holguin

Melchior Perez Holguin, + 1724

 

F.  Verri, Gesù,             apprendista                  falegname

L’espressione fascinosa “Mysterium salutis” ne ha promosso l’uso, ma ne ha lasciato nel vago il significato, considerato come scontato, mentre, invece, la sua “precisazione” è essenziale per la retta comprensione dell’Esortazione apostolica “Redemptoris custos”, che è centrata proprio sul “mistero”. L’eredità dell’accezione di “mistero” presente nel Concilio Vaticano I, più preoccupato dell’aspetto di “verità nascosta” che di quello di “realtà soprannaturale”, che vi è congiunto, continua a farsi sentire negli scritti sulla “rivelazione”. I copiosi riferimenti biblici, tipici della teologia postconciliare, non ne modificano sufficientemente la prospettiva secondo la linea del Vaticano II, che ha discusso lungamente la questione e non solo ha superato il concetto di “manifestazione”, abolendo il riferimento alle “due fonti” della rivelazione, ma vi ha aggiunto esplicitamente quello di   “comunicazione”.

La “rivelazione”, inoltre, vi è stata descritta come “economia”, termine che le ha aperto un nuovo orizzonte. Esso comprende, infatti, tre elementi, al vertice dei quali è messo in evidenza proprio il “mistero”, da interpretare secondo la precedente citazione di Efesini 1,9. Purtroppo, la sorprendente generale disattenzione dei teologi verso l’ “economia della rivelazione” ha tenuto fermo il trattato della “Rivelazione” sulla precedente posizione, pur sviluppando il concetto di “historia salutis”, che non coincide, tuttavia, con quello di “mysterium salutis”, come vedremo. Se la comprensione si rivela difficile, si veda quanto da me scritto nel libro: La Teologia della Divina Rivelazione, Portalupi Editore, Casate Monferrato (AL) 2000.

Zillis, Svizzera

Lopicinus (+1147), Zillis, Svizzera

L’ “economia della rivelazione” distingue opportunamente nella “historia salutis” i fatti (gesta, opera, res) e le parole (verba, doctrina), allargando così evidentemente la base della realtà della rivelazione, che supera quella delle “parole”, da considerare in stretta relazione con i “fatti”, elemento fondamentale della “historia”. Questa “historia”, a sua volta, non è esaustiva, perché, essendo “historia salutis”, deve avere un chiaro riferimento al “mistero” contenuto nei fatti. Il riconoscimento dell’importanza e della necessità assoluta della storicità dei “fatti” è fondamentale, perché è in essi che è contenuto il “mistero”. Non dimentichiamo che il nostro punto di riferimento è appunto il Mistero dell’Incarnazione!

Gerard Seghers, + 1651, Le due Trinità

Gerard Seghers, + 1651,                                   Le due Trinità

 

Per quanto riguarda la teologia della Redemptoris custos, una particolare attenzione va rivolta ai “cosiddetti Vangeli dell’infanzia”, diventati in questi ultimi decenni palestra di esercitazione per le differenti “Geschichten” delle forme, della tradizione e della redazione. A motivo dei misteri contenuti nei fatti riferiti nei primi due capitoli di Matteo e Luca, riguardanti tutta la vita nascosta di Gesù, è facile comprendere come il problema della loro storicità sia tutt’altro che marginale.

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Scuola del Cusco, sec. XVIII (Perù)

Oltre la precisazione circa l’accezione del termine “mistero”, determinante rimane la identificazione dei singoli misteri e il riferimento ai rispettivi “fatti”, che li contengono. Qui il discorso si sposta sulla Liturgia, che ne è l’ “attuazione” e, quindi, per noi il “detector” per individuare il mistero stesso e per risalire al “fatto” che ne sta all’origine. Allo stesso modo che la lettura dell’Antico Testamento va fatta alla luce del Nuovo, ossia di Cristo, così la lettura del Nuovo Testamento va fatta alla luce della Liturgia, nella quale e attraverso la quale Cristo continua la sua presenza e la sua opera. Questa stretta relazione suppone ed esige una corrispondente “metodologia”, certamente praticata nella vita della Chiesa, ma non altrettanto avvertita.

Ammessa l’importanza nell’economia della Rivelazione sia dei fatti sia del mistero in essi contenuto, il ruolo avuto da san Giuseppe in quei fatti ci aprirà la strada a comprendere la sua partecipazione al mistero stesso e il titolo che gli compete di “minister salutis”.

H. Wierix, +1619

H. Wierix, +1619

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Questo sommario lascia intravvedere le difficoltà che incontra la teologia di san Giuseppe, il cui apprezzamento e sviluppo dipendono da una sana esegesi dei Vangeli, che ne riconosca la storicità, e da una più lucida conoscenza dei misteri della vita di Cristo. Sono queste le due basi indispensabili per stabilire il ruolo insostituibile di san Giuseppe nella storia della salvezza e la sua dignità di “minister salutis”.

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Misteri della vita di Cristo, Ceramica di Vasco Nasorri,                                                             Parrocchia di S. Giuseppe all’Aurelio (Roma)

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La storicità dei vangeli

Evidentemente non è la “storicità” il tema che dobbiamo qui affrontare. E’ piuttosto la sua necessità che intendiamo sottolineare, lasciando le argomentazioni della storicità alle opere specializzate. Per quanto riguarda i “cosiddetti Vangeli dell’infanzia”, ne ho trattato largamente nel libro “Vangelo dei Misteri della Vita Nascosta di Gesù (Matteo e Luca I-II)”, il cui titolo è già abbastanza significativo sia in relazione al problema dell’“unità” della loro composizione letteraria sia all’oggetto del loro contenuto. I capitoli I e II di Matteo e di Luca non sono “introduzioni” al Vangelo, comunque si vogliano concepire, ma “Vangelo” a pieno titolo; anche il loro oggetto, come si conviene al “Vangelo”, rimane sempre quello dei “misteri” della vita di Gesù, pur limitati al periodo della sua vita “nascosta”. Su queste affermazioni non si possono fare sconti. I “misteri” della vita di Gesù sono stati, infatti, l’oggetto della predicazione apostolica, testimoniata nei Vangeli, e continuano ad essere la sorgente della vita della Chiesa. Un accordo su questo punto è fondamentale. Il Decreto del Concilio Vaticano II su “La Formazione Sacerdotale” dedica una particolare attenzione al loro insegnamento: “Per illustrare quanto più possibile i misteri della salvezza, gli alunni imparino ad approfondirli e a vederne il nesso per mezzo della speculazione, avendo san Tommaso per maestro; si insegni loro a riconoscerli presenti e operanti sempre nelle azioni liturgiche e in tutta la vita della Chiesa” (n.16). La Costituzione su “La Sacra Liturgia” richiede parimenti che i professori delle varie materie “abbiano cura di mettere in rilievo, secondo le intrinseche esigenze di ogni disciplina, il mistero di Cristo e la storia della salvezza in modo che risulti chiara la loro connessione con la Liturgia e l’unità della formazione sacerdotale” (n.16).

Cracovia, Chiesa dell'Annunciazione

Cracovia, Chiesa dell’Annunciazione

Torneremo in seguito sul tema della Liturgia in relazione alla “identificazione” dei misteri della vita di Cristo nella letteratura apostolica. Poiché vogliamo qui sottolineare l’importanza dei “misteri” di Cristo e la loro connessione con la “storia” della salvezza, è necessario ritornare al testo della Costituzione “Dei       Verbum” sulla “economia della rivelazione”: “Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto” (n.2).

Le Due Trinità, Scuola del Cuzco

Le due Trinità,                               Scuola del Cusco

La rivelazione non è qui presentata semplicemente come un insieme di “verità soprannaturali”, ma come una “economia” con la sua singolare “struttura”, nella quale la “historia salutis” e il “mysterium” sono distinti, ma non separati. La “historia salutis”, a sua volta, è formata da due elementi necessariamente congiunti: i “fatti”, essenziali per avere la storia, e le “parole” profetiche, ugualmente indispensabili per fare riconoscere quei fatti come “salvifici”, relativi, cioè, ad una storia non profana, ma “sacra”. Una rivelazione, dunque, che non ha come caratteristica solo un Dio che “parla”, ma che “agisce”, “incarnandosi” addirittura nella storia dell’uomo. Questa è la rivelazione “cristiana”, che si distingue appunto per la realtà dell’Incarnazione, nella quale fatto e mistero si compenetrano. Il testo citato comprende tra le parole anche le realtà (res) da loro significate, ossia la tipologia. Il rapporto tra fatti e parole è ben bilanciato: le opere manifestano e rafforzano la dottrina; le parole proclamano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto .

La gnosi, che riduce tutto alla conoscenza, ossia alla parola, è il vero “seduttore e anticristo”. Essa non riconosce “Gesù Cristo venuto nella carne” (1 Gv 7). “La fede nella reale Incarnazione del Figlio di Dio è il segno distintivo della fede cristiana: ‘Da questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio’ (1 Gv 4,2). E’ questa la gioiosa convinzione della Chiesa fin dal suo inizio, allorché canta ‘il grande Mistero della pietà. Egli si manifestò nella carne ‘ (1 Tm 3,16)” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.463). Nella realtà della carne di Gesù, Giovanni e i discepoli hanno potuto contemplare la gloria del Verbo: “vidimus gloriam eius, gloriam quasi Unigeniti a Patre” (1,14; cf. 2,11; 11,40). Per Giovanni il “Vangelo” inizia dalla “carne”: “et Verbum caro factum est” (1,14). L’esperienza storica rimane fondamentale: “quod audivimus, quod vidimus oculis nostris, quod perspeximus, et manus nostrae contrectaverunt de verbo vitae… annuntiamus et vobis” (1 Gv 1,1-3).

L’umanità di Gesù

Lucio Massari, Transito

Lucio Massari (+1633), Chiesa di San Giuseppe, Trebbo di Reno (BO)

Dell’umanità di Gesù non si parlerà mai abbastanza. Essa rimane il nostro punto centrale di riferimento, tanto da dare l’impressione che stiamo più trattando dell’Incarnazione che di san Giuseppe. E’ proprio così. San Giuseppe, infatti, è talmente inserito in tale Mistero, che solo una sua adeguata conoscenza consente di comprendere il ruolo da lui avuto in esso. Qui sta la spiegazione della sua… emarginazzione.

LO SPOSALIZIO

Qual è l’oggetto degli scritti evangelici? “I Vangeli sono scritti da uomini che sono stati i primi a credere (cf. Mc 1,1; Gv 21,24) e che vogliono condividere con altri la loro fede. Avendo conosciuto, nella fede, chi è Gesù, hanno potuto scorgere e far scorgere in tutta la sua vita terrena le tracce del suo Mistero. Dalle fasce della nascita (cf. Lc 2,7), fino all’aceto della sua passione (cf. Mt 27,48) e al sudario della Risurrezione (cf. Gv 20,7), tutto nella vita di Gesù è segno del suo Mistero. Attraverso i suoi gesti, i suoi miracoli, le sue parole, è stato rivelato che ‘in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità’ (Col 2,9). In tal modo la sua umanità appare come il ‘sacramento’, cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse al Mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione redentrice” (CCC, n.515).

Jacob de Wit, 1726, Amstelkring, Amsterdam

Jacob de Wit, 1726,                           Amstelkring, Amsterdam

Non va mai perso di vista che “l’umanità di Gesù, nell’unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza” (Sacrosanctum Concilium, n.5). San Tommaso spiega che “donare la grazia e lo Spirito Santo conviene autoritativamente a Cristo in quanto Dio; conviene, tuttavia, a Cristo in quanto uomo donare la grazia e lo Spirito Santo strumentalmente, in quanto cioè la sua umanità fu strumento della sua divinità . E così, in forza della divinità, le azioni umane di Gesù furono per noi salutari, in quanto hanno causato in noi la grazia sia in ragione del merito sia per una certa efficacia” (Summa Theologiae, III, q.8, a.1 ad 1). Poiché l’incarnazione è l’unione della natura umana con la natura divina nella persona del Verbo-Figlio, unione che comporta la massima unità, ne segue che, anche se alcune azioni di Cristo furono salvifiche in speciale modo, come la morte e la risurrezione, non si deve, tuttavia, togliere a tutte le altre azioni della vita di Gesù la particolare efficacia che loro compete .

IL SOGNO

Poiché l’elemento storico è essenziale nell’economia della rivelazione cristiana, e questa raggiunge il suo culmine proprio nell’Incarnazione del Verbo, la presenza storica di Gesù è tutta rilevante. Gesù, infatti, compie e completa la rivelazione “con tutta la sua presenza e manifestazione, con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, ma soprattutto con la sua morte e gloriosa risurrezione dai morti, con l’invio, infine, dello Spirito di Verità” (Dei Verbum, n.8). Allo stesso modo che l’accento sui momenti “forti” della vita di Gesù non deve avere come contraccolpo di considerare gli altri momenti come “deboli”, così il “soprattutto”, riferito al “mistero pasquale”, non deve far dimenticare la verità fondamentale che tutta la vita di Gesù è redentrice, dall’Incarnazione alla Pentecoste, come il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea opportunamente più volte: “Dal primo istante della sua Incarnazione, il Figlio abbraccia nella sua missione redentrice il disegno divino della salvezza” (n.606; cf. n.607); “l’insieme dei Misteri di Cristo, dalla sua Incarnazione alla sua Pasqua” (n.498); “i misteri della vita nascosta e della vita pubblica di Gesù… tutta la vita terrena di Cristo; ‘Tutto quello che fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui fu assunto in cielo’ (At 1, 1-2) deve essere visto alla luce di Misteri del Natale e della Pasqua” (n.512; cf. n.1163); “Durante la sua vita terrena, Gesù annunziava con il suo insegnamento e anticipava con le sue azioni il Mistero pasquale” (n.1085).

P.Vivaldi, Ovada

Il Muto di Toleto ( P.Vivaldi, + 1885), Ovada

 

S. Conca, +1764, Chiesa di S. Leonardo, Imperia

S. Conca, +1764, Chiesa di S. Leonardo,                              Imperia

L’Esortazione apostolica “Redemptoris custos” afferma chiaramente che il “disegno redentivo ha il suo fondamento nel mistero dell’Incarnazione” (n.1). Questo principio è in perfetta coerenza con l’assunto patristico, secondo il quale “ciò che non è assunto, non è redento”. San Tommaso, che ha ben compreso il valore salvifico dell’incarnazione, non separa cristologia e soteriologia . L’intelligenza e l’ammissione di questo assioma teologico sono decisivi per la comprensione dei misteri della vita nascosta di Gesù e del conseguente ruolo di “minister salutis” da riconoscere a san Giuseppe.

LA NATIVITA’

Il pur lodevole impegno della cristologia contemporanea, in continua ricerca di nuove interpretazioni , deve tener conto del chiaro atteggiamento del Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale, trattando i Misteri della vita di Cristo, supera quanto potrebbe comportare una delimitazione dell’azione salvifica della vita di Gesù. Esso afferma chiaramente che “tutta la vita di Cristo è Mistero” e precisa ulteriormente che: 1) “Tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre: le sue parole e le sue azioni, i suoi silenzi e le sue sofferenze, il suo modo di essere e di parlare… i più piccoli tratti dei suoi Misteri ci manifestano ‘l’amore di Dio per noi’ (1 Gv 4,9)” (n.516); 2) “Tutta la vita di Cristo è Mistero di Redenzione. La Redenzione è frutto innanzi tutto del sangue della croce (cf. Ef 1,7; Col 1, 13-14; 1 Pt 1, 18-19), ma questo Mistero opera nell’intera vita di Cristo; già nella sua Incarnazione, per la quale, facendosi povero, ci ha arricchiti con la sua povertà (cf. 2 Cor 8,9); nella sua vita nascosta che, con la sua sottomissione (cf. Lc 2,51), ripara la nostra insubordinazione…” (n. 517; cf. n.1115); 3) “Tutta la vita di Cristo è Mistero di Ricapitolazione. Quanto Gesù ha fatto, detto e sofferto, aveva come scopo di ristabilire nella sua primitiva vocazione l’uomo decaduto” (n. 518).

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P. Dalle Ceste (+1974), Santa Famiglia (Asti)

I misteri della vita di Cristo

la Passione, Scuola Novelli

La Passione,              Scuola Novelli

Vista l’importanza salvifica dell’umanità di Cristo, rimane ancora da determinare il significato da dare al termine “mistero” in ordine alla sua successiva ulteriore identificazione e conseguente partecipazione “ministeriale” di san Giuseppe. Come è stato necessario estendere il concetto di rivelazione dalla conoscenza alla partecipazione, così, riguardo al termine “mistero”, occorre superare la nozione di “verità nascosta” e passare a quella del suo contenuto, ossia la “realtà soprannaturale”, che ci viene partecipata. Il Catechismo della Chiesa Cattolica sviluppa questo tema sotto il titolo: “La nostra comunione ai Misteri di Gesù”, affermando che “tutta la ricchezza di Cristo ‘è destinata ad ogni uomo e costituisce il bene di ciascuno’ . Cristo non ha vissuto la sua vita per sé, ma per noi, dalla sua Incarnazione ‘per noi uomini e per la nostra salvezza’ fino alla sua morte ‘per i nostri peccati’ (1 Cor 15,3) e alla sua Risurrezione ‘per la nostra giustificazione’ (Rm 4,25)” (n.519). “Tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in lui e che egli lo viva in noi. ‘Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo’ ” (n.521; cf. n.618).

LA FUGA IN EGITTO

La predicazione dell’apostolo Paolo insiste molto sulla nostra solidarietà con la morte e la risurrezione di Cristo, mostrando quanto siamo coinvolti in quei “fatti” di Gesù: “Gesù è morto per i nostri peccati” (1 Cor 15,3); “egli è risorto per la nostra giustificazione” (Rm 4,25; cf. 2 Cor 5,15). Ciò significa che quei “fatti” – morte e risurrezione di Gesù – non riguardano solamente lui, ma sono per noi un “avvenimento”, ossia ci riguardano direttamente e ci coinvolgono talmente da diventare “nostri”. Ebbene, proprio questo coinvolgimento, “salvifico per noi”, è il Mistero! Di qui si comprende la necessità della “storicità” di determinati fatti, attuati dall’umanità di Gesù, dal momento che senza fatto non c’è il supporto per l’avvenimento, ossia non c’è Mistero! L’esegesi biblica deve stare molto attenta su questo collegamento. Paolo esprime l’indissolubile legame tra fatto-avvenimento-Mistero unendo ai verbi la particella “syn (cum)”: “mortui cum Christo” (Rm 6,8); “consepulti ei” (Col 2,12; cf. Rm 6,4); “convivificavit nos Christo et conresuscitavit et consedere fecit in caelestibus in Christo Iesu” (Ef 2,5s.; cf. Col 2,12s.; 3,1). Non può essere altrimenti, se nella fede accettiamo il mistero che “omnes enim vos unus estis in Christo Iesu” (Gal 3,28). Ebbene, l’origine e il fondamento di questa intima unione con Gesù (“unus”) è appunto l’Incarnazione, per mezzo della quale Dio “modo novo creaturae se univit, vel potius eam sibi” (Summa Theologiae III,  q.1, a.1 ad 1). “Cristo in noi” (cf. Col 1,27) può essere considerata la formula paolina più breve per definire il “Mistero”.

Cuzco, kenilworth, Illinois

Cusco, Kenilworth, Illinois

L’identificazione dei Misteri

T. Sanchez, Kenilworth, Illinois

T. Sanchez, Kenilworth, Illinois

L’attenzione di Paolo per la morte e risurrezione di Gesù ha certamente influito molto sullo sviluppo teologico di questi Misteri, lasciando in ombra altri importanti Misteri. Vale qui il detto che  “una” verità, tuttavia, non è “tutta” la verità, dal momento che lo stesso principio di solidarietà dell’uomo con Gesù va applicato a tutta la vita di Cristo, avendo la Redenzione la stessa estensione dell’Incarnazione, come abbiamo ampiamente sottolineato. Come allora identificare con certezza gli “altri” Misteri della vita di Cristo? L’accennata generale poca chiarezza nel definire il “Mistero” si riflette, ad esempio, nella enunciazione dei “misteri del santo Rosario”, dove evidentemente il mistero dell’Annunciazione (l’Incarnazione!) non è paragonabile a quello della “visita a santa Elisabetta”. Una norma per la loro identificazione ci deve pur essere!

IL RITROVAMENTO DI GESU’                  NEL TEMPIO

Me ne sono occupato nel già citato libro “Vangelo dei Misteri della Vita Nascosta di Gesù”, sotto il titolo “Principi per una nuova metodologia”, da applicare nell’interpretazione dei Vangeli. Considerata attentamente la natura della S. Scrittura e della Liturgia e, inoltre, la loro mutua osmosi nella vita della Chiesa, la celebrazione dei Misteri nella Liturgia si presenta come un sicuro “detector” per la loro identificazione all’interno della letteratura apostolica.

Ecco la sequenza di alcuni principi-guida, secondo i documenti conciliari:

1. Tutta l’attività apostolica ha come centro primario di interesse Gesù e la sua opera salvifica. “Come Cristo fu inviato dal Padre, così anche egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo, perché predicando l’evangelo a tutti gli uomini, annunziassero che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana (cf. At 26,18) e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre” (Sacrosanctum Concilium, n. 6).

H. Wierix, + 1619

H. Wierix, + 1619

2. I Vangeli sono la testimonianza scritta della predicazione apostolica. “Ciò che gli apostoli per mandato di Cristo predicarono, dopo, per ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia tramandato in scritti, come fondamento della fede, cioè l’evangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni” (Dei Verbum, n. 18).

3. Cristo ha inviato gli apostoli non solo perché annunziassero… “ma anche perché attuassero, per mezzo del Sacrificio e dei Sacramenti, sui quali si impernia tutta la vita liturgica, l’opera di salvezza che annunciavano” (Sacrosanctum Concilium, n.6).

Francisco de Zurbaran, 1659, Museo delle Belle Arti, Budapest

Ne segue che, pur non essendo più direttamente raggiungibile la predicazione apostolica, la troviamo, tuttavia, testimoniata negli scritti ispirati e attuata nella liturgia. L’unione inscindibile di quelle che opportunamente sono state chiamate le due mense ci consente, attraverso il “presente”, attuato nella Liturgia, di interpretare il “passato”, testimoniato nelle Scritture. “Parole e fatti” della “historia salutis” sono, infatti, presenti e operanti nei “Misteri” che noi oggi celebriamo. Giova qui ricordare l’insegnamento di Pio XII circa l’anno liturgico, il quale “non è una fredda e inerte rappresentazione di fatti che appartengono al passato… Esso è, piuttosto, Cristo stesso, che vive sempre nella sua Chiesa e che prosegue il cammino di immensa misericordia da lui iniziato con pietoso consiglio in questa vita mortale, quando passò beneficando allo scopo di mettere le anime umane al contatto dei suoi misteri e farle vivere per essi; misteri che sono perennemente presenti ed operanti… fonte di grazia divina per i meriti e l’intercessione del Redentore; … perdurano in noi con il loro effetto, essendo ognuno di essi, nel modo consentaneo alla loro indole, la causa della nostra salvezza” .

G. Luteri detto Dosso Dossi, 1513 ca., Pinacoteca, Ferrara

G. Luteri detto Dosso Dossi, 1513 ca.,                                             Pinacoteca, Ferrara

GESU’ AL LAVORO

Fra “I Misteri dell’infanzia e della vita nascosta di Gesù” il Catechismo della Chiesa Cattolica mette in particolare evidenza il Natale (nn.525. 526), la Circoncisione di Gesù (n.527), l’Epifania (n.528), la Presentazione di Gesù al tempio (n.529. 583), la fuga in Egitto (n. 530), la vita nascosta di Gesù (n. 531), la sottomissione di Gesù (n.532), l’educazione di Gesù (n.472), il ritrovamento di Gesù nel tempio (n.534). L’Esortazione apostolica Redemptoris custos considera anche altri Misteri: il matrimonio di Maria e Giuseppe (n.7), la santa Famiglia (nn. 7.21), il censimento (n. 9), l’imposizione del Nome (n.12), il lavoro (n.22). Una ricerca su questi eventi salvifici e sulle correlative celebrazioni liturgiche, e ovviamente su tutte le feste della B. V. Maria che si riferiscono alla vita nascosta di Gesù, potrebbe aiutare ad individuare, alla luce del sensus fidei del popolo cristiano, quei Misteri della vita di Cristo, che probabilmente sfuggirebbero ad uno studio puramente scientifico da parte di esegeti e liturgisti; soprattutto servirebbe ad approfondire il significato teologico dei Misteri celebrati oggi dalla Liturgia, in modo che questo sia espresso nella forma più chiara e adatta possibile.

S. Famiglia, Barocco Andino

S. Famiglia, Barocco Andino

La riflessione sul tema del “Verbo incarnato e la solidarietà umana” non esclude dal valore salvifico nessun momento della vita di Cristo, a motivo dell’efficacia dell’unione ipostatica. “Lo stesso Verbo incarnato volle essere partecipe della convivenza umana. Fu presente alle nozze di Cana, entrò nella casa di Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori. Egli ha rivelato l’amore del Padre e l’eccelsa vocazione degli uomini, rievocando gli aspetti più ordinari della vita sociale e adoperando linguaggio e immagine della vita di ogni giorno. Santificò le relazioni umane, innanzi tutto quelle familiari, dalle quali trae origine la vita sociale, volontariamente sottomettendosi alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un lavoratore del suo tempo e della sua regione” (Gaudium et spes, n.32).

Sant’Ireneo di Lione considera la lunga storia degli uomini “tutta ricapitolata” in Gesù incarnato e fatto uomo, che “in breve ci ha procurato la salvezza… Per questo appunto Cristo è passato attraverso tutte le età della vita, restituendo con ciò a tutti gli uomini la comunione con Dio” . La Scuola Francese, fondata dal card. de Bérulle (1575-1629), ha messo bene in evidenza che ogni momento della vita di Gesù è un mistero e che a ciascun mistero corrisponde uno stato del Verbo incarnato. San Giovanni Eudes (1601-1680), per limitarci ad un suo grande esponente citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, esorta “a sviluppare continuamente in noi e, infine, completare gli stati e i Misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui stesso a compimento in noi e in tutta la Chiesa” (n.521) .

Saint Etienne du Mont, Paris

Saint Etienne du Mont, Paris

La teologia del mistero

F. Curradi, + 1661, San Casciano in Vl di Pesa, Firenze

Ci siamo introdotti nella teologia del mistero, indispensabile per entrare nella corretta interpretazione della Redemptoris custos, la quale considera san Giuseppe come “minister salutis”. E’ un modo nuovo di accostarsi a questa sublime figura.

M. Bedini, Chiesa di S. Roberto Bellarmino, 1965, Roma

M. Bedini, 1965, Chiesa di S. Roberto                                  Bellarmino, Roma

Non si tratta di rifiutare o abbandonare gli “approcci” tradizionali ma sempre attuali della teologia giuseppina, come quello di definire la posizione di san Giuseppe come sposo della Madre di Dio, come padre di Gesù e come capo della santa Famiglia; di determinare la natura del suo matrimonio, la sua paternità nei riguardi di Gesù, la sua funzione nella vita della Chiesa, il culto che gli compete; di precisare teologicamente la sua santità; di difenderne i privilegi e di proporne le virtù. Accanto a questi aspetti siamo chiamati ora soprattutto ad approfondire la relazione di san Giuseppe con i misteri dell’incarnazione e della redenzione, conoscere il suo ruolo nella storia della salvezza, ossia in che modo egli “mediante l’esercizio della sua paternità ha cooperato nella pienezza dei tempi al grande mistero della redenzione ed è veramente ‘ministro della salvezza’ ” (n.8).

Vicente Lopez, +1850, Museo del Prado, Madrid

Vicente Lopez, +1850,                 Museo del Prado, Madrid

San Giuseppe non ha avuto semplicemente un ruolo “storico”, anche se importante, nella vita di Gesù, a titolo che potremmo considerare “personale”. Tale è la presenza di tanti personaggi contemporanei ad un personaggio-chiave, come quella dei parenti, amici, conoscenti, i quali, tuttavia, potrebbero non trovarsi personalmente coinvolti nella sua vicenda, funzione o ruolo politico, sociale, culturale, ecc. Può essere questo il caso dei “parenti” di Gesù, la cui importanza non va misurata secondo il grado di parentela che essi hanno avuto con lui, ma secondo il ruolo effettivo sostenuto nella storia della salvezza.

Martin Feuerstein (+1931),       Giuseppe con il Bambino

Ora, di san Giuseppe è affermato che egli “è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù” (n.8); che egli “partecipò” al disegno redentivo, che ha il suo fondamento nel mistero dell’Incarnazione “come nessun’altra persona umana, ad eccezione di Maria, la Madre del Verbo Incarnato. Egli vi partecipò insieme con lei, coinvolto nella realtà dello stesso evento salvifico, e fu depositario dello stesso amore, per la cui potenza l’eterno Padre ‘ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo’ (Ef 1,5)” (n.1). “Egli divenne un singolare depositario del mistero ‘nascosto da secoli nella mente di Dio’ (cf. Ef 3,9), come lo divenne Maria, in quel momento decisivo che dall’Apostolo è chiamato ‘la pienezza del tempo’ ” (n.5). “Di questo mistero divino Giuseppe è insieme con Maria il primo depositario. Insieme con Maria – ad anche in relazione a Maria – egli partecipa a questa fase culminante dell’autorivelazione di Dio in Cristo, e vi partecipa sin dal primo inizio” (n.5).

Tempio della Sacra Famiglia, Barcellona

Tempio della Sacra              Famiglia, Barcellona

La necessità e l’importanza del matrimonio di Giuseppe con Maria sono visti alla luce della paternità di Giuseppe, perché è proprio mediante l’esercizio della sua paternità che egli “coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della redenzione ed è ‘ministro della salvezza’ ” (n.8).

La Redemptoris custos si sofferma con particolare attenzione sui “misteri della vita nascosta di Gesù”, sottolineandone il significato e valore salvifico e la parte in essi avuta da san Giuseppe nell’esercizio della sua paternità. Il coinvolgimento di san Giuseppe in tali misteri ne condiziona talmente l’esistenza e lo svolgimento da essere considerato appartenente all’ordine dell’unione ipostatica. Ne segue che la conoscenza del suo ruolo nella “historia salutis” è indispensabile per conoscere meglio il mistero dell’incarnazione e della redenzione che vi è connessa.

L’Esortazione apostolica non è una “pia meditazione” per rinforzare l’intramontabile  “silenzio” di san Giuseppe, ma un vero contributo  sia “esegetico” che “teologico”. Essa restituisce ai “cosiddetti Vangeli dell’infanzia” la loro storicità, liberandoli dalle interpretazioni midrashiche, che la polverizzano; essa guida, inoltre, alla scoperta dei “misteri della vita nascosta di Gesù”, in corrispondenza all’“economia” della Rivelazione esposta nella Costituzione Dei Verbum, che connette i fatti e le parole della “historia salutis” con il “mistero” in essi contenuto, come esige la redenzione, che ha il suo fondamento nell’incarnazione. La Liturgia risalta non solo nel suo aspetto salvifico, ma anche per il suo compito di “detector” nell’interpretazione della letteratura apostolica, identificando i fatti a speciale contenuto salvifico, ossia i misteri. La mariologia si apre verso la dimensione “sponsale” che i Vangeli le riconoscono nel contesto della santa Famiglia. La pastorale familiare scopre il ruolo fondamentale che compete ai genitori nel contesto dell’istituzione del matrimonio e nei rispettivi ruoli, in particolare di quello paterno. La Chiesa ritrova la propria identità, che è quella di servire e di “partecipare” all’economia della salvezza. Ciascun fedele e i singoli stati di vita trovano incarnato in san Giuseppe il modello dell’obbedienza, colui che si distingue per la fedele esecuzione dei comandi di Dio” (n.30).

Ritorno dall'Egitto, Glikophilousa

Ritorno dall’Egitto, Glikophilousa

Sono questi gli aspetti e i temi che la teologia di san Giuseppe deve tenere presenti e sviluppare soprattutto nelle settimane di studio e nei simposi, i quali trovano qui tracciato il loro programma per il futuro, pur non escludendo altre ricerche di carattere storico, artistico, letterario o folcloristico.

A chi fosse rimasto colpito dalla nostra frequente citazione del Catechismo della Chiesa Cattolica appare chiaro quanto essa sia stata intenzionale, a riprova che la dottrina esposta rispecchia il sensus fidei del popolo di Dio.

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S. Famiglia, secondo ‘500, Oratorio del Binengo, Sergnano (Cremona)

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